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Crisi d'impresa

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L’avvento del CODICE DELLA CRISI D ’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA è visto da molte PMI poco attente, come un ulteriore adempimento che grava sull’azienda già tartassata da inutile burocrazia e opprimente tassazione.

Fatte salve le dovute proporzioni, tutte le aziende hanno l’esigenza di dotarsi di strumenti per gestire l’azienda in modo consapevole, sia le più piccole sia le più grandi, sia quelle B2C che in B2B. Doveroso però riconoscere che le aziende B2B che in futuro dovranno rispondere alle prescrizioni del Codice della Crisi d`Impresa e dell`Insolvenza, necessitano di approccio proattivo che mira alla creazione del valore attraverso l`introduzione di un modello di management supportato da un sistema di business intelligence avanzato.

Con il Codice della crisi d’impresa, anche l'Italia si dota di un diritto della crisi e dell'insolvenza, al passo con le sollecitazioni da parte dell’UE. Una legge che non può più essere chiamata “fallimentare”, perché offre agli imprenditori (e non solo) degli strumenti per prevenire il definitivo dissesto dell'impresa.

Il decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019 recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in ottemperanza a quanto stabilito nella legge delega (legge n. 155/2017) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 38, del 14 febbraio 2019. Il legislatore ha previsto un entrata in vigore del codice a più step: gli assetti organizzativi (cioè le procedure, i processi e la struttura organizzativa in grado di cogliere i primi campanello di allarme) già a marzo del 2019, mentre gli allert e cioè le procedure attraverso le quali l’imprenditore comunica agli organi preposti uno stato di crisi, sono stati invece spostati al 15 febbraio del 2021. Qualora l’imprenditore rimane silente, saranno invece gli organi di controllo (collegio sindacale, revisore unico, ecc…), agenzia delle entrate, INPS l’agente della riscossione ad allertare gli organi competenti. E’ chiaro che in quest’ultimo caso scattano per gli amministratori una serie di responsabilità e di ripercussioni che possono sfociare anche nel penale oltre che incidere direttamente sulle tasche degli stessi.

Mentre l’imprenditore prima del codice della crisi era il capo dell’azienda e doveva stare attento solo a non compiere atti fraudolenti e a non confondere la cassa della società con le tasche proprie, ora lo scenario è totalmente diverso. L’imprenditore deve assicurare l’integrità del patrimonio della società e deve organizzare l’azienda per intercettare i primi segnali di crisi che possono mettere a repentaglio la continuità aziendale, rispondendone personalmente, con il proprio patrimonio personale, qualora gli stessi assetti organizzativi non rispondevano a tali requisiti.

Un cambiamento epocale, l’imprenditore dopo il codice della crisi è un soggetto giuridico diverso che deve evolversi verso una figura con forti competenze manageriali che deve farsi guidare più dalla calcolatrice che dalle proprie intuizioni.

Responsabile
Dott. Giovanni Pulvirenti